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INTUIZIONE SINTETICA SU SATURNO

André Barbault

 - pubblicato su Linguaggio Astralen n.104, 1996 (trad. Jolanda Boyko)


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La miglior introduzione alla conoscenza di Saturno ci viene offerta dall'esame del ritmo del suo ciclo, nel quale, come se agisse in diretta, la sua cinetica caratterizza la traiettoria della nostra esistenza.

Partendo dalla sua posizione natale l'astro forma anzitutto, intorno ai sette anni, un quadrato, ed è il momento in cui l'essere umano, lasciata l'infanzia, entra "nell'età della ragione". Lo spirito si sgancia dall'immaginario e si risveglia dal sogno: dà l'addio a Babbo Natale ed alle favole, ed il principio della realtà si contrappone a quello del piacere dominante.

Il distacco dalla propria notte interiore si radicalizza con la metamorfosi della pubertà, quando intorno ai 14-15 anni, l'astro passa alla propria opposizione. Pubertà - essere sessuato - nuove motivazioni affettive. Voltando le spalle alla propria origine, l'individuo si stacca dalle sue dipendenze, è l'età ingrata dell'adolescenza in cui, al legame famigliare, si incomincia a preferire quello con gli "altri". Con il successivo quadrato, a 21 anni, una nuova rottura ci rende adulti, liberi, responsabili: è giunto il momento di lasciare i propri "vecchi". Classica situazione che rispecchia l'esilio di Saturno in Cancro, e si riallaccia al detto biblico: "Lascerai tuo padre e tua madre". Il ritorno dopo 30 anni dell'astro al punto di partenza conclude un primo ciclo: in perfetta sintonia con la sessualità della pubertà dell'opposizione: dopo aver messo radici nella propria vita, a sua volta chi è stato generato genera, diventando padre o madre.

Riassumiamo la dialettica congiunzione/tesi, opposizione/antitesi e ricongiunzione/sintesi (1) l'individuo (2) matura sessualmente e (3) procrea.

A chiarire bene questa tappa capitale è il fatto che la trentina rappresenta in effetti l'età media nel campo della capacità fecondativa della donna che si inizia con la pubertà tra gli 11 ed i 14 anni e si conclude con la menopausa intorno ai 45 anni: un ciclo cioè quasi trentennale che inquadra le due opposizioni di Saturno a se stesso (coprendo cioè tre cicli di Giove intorno ai 48 anni). In Francia, negli anni '50, periodo in cui si ebbero molte nascite, la donna metteva al mondo il suo primogenito intorno ai 22 anni; poi per una decina di anni, intorno ai 27 anni ed attualmente intorno ai 28/29 anni. Il modello sociale si avvicina ora al figlio unico (1,65).

Nel corso del secondo ciclo di Saturno, con la nuova opposizione dei 44/45 anni, inizia la separazione dai propri figli. Lo si può interpretare come l'esilio di Saturno in Leone con il distacco dalle proprie creature: "anche tu, a tua volta, sarai lasciato da tua figlia e da tuo figlio".

Col secondo ritorno ciclico della sessantina, si passa ad un'altra generazione, si diventa nonni, scompaiono i propri genitori, ed è anche giunto il momento di mettersi da parte, per usare il linguaggio saturnino.

Ecco dunque, in breve, lo schema generico della ciclicità saturnina. Avremmo dovuto pensarci prima, tanto essa è evidente. Secondo Erodoto, che sostiene di averlo appreso da sacerdoti egizi, un secolo poteva abbracciare anche tre generazioni e questo ritmo trentennale, assieme al ciclo lunare femminile mensile, è davvero il più sorprendente tra i cicli psico-socio-storici. Gaston Houthoul, grande sociologo francese, nel suo classico Trattato di Sociologia, afferma che "… la maggior parte dei sociologi e degli storici europei concordano con Quetelet, nell'assegnare 30 anni ad ogni generazione". Possiamo finalmente dire che Saturno è davvero un simbolo chiaro, e non è più il caso di menare il can per l'aia …

Si può finalmente capire come non abbia senso vedere raffigurato in Saturno il padre o il principio paterno - come dice Rudhyar - o la madre, come, nella Svizzera tedesca sostengono Bruno e Louise Huber. E' davvero un controsenso. Se Saturno al momento del ritorno trentennale "unisce", in occasione delle sue due opposizioni "rompe e scioglie i vincoli". Il praticante astrologo sa perfettamente che la presenza saturnina al MC è indice di un deficit nell'ambito familiare, di uno scioglimento di legami, di una reale o psicologica assenza di vincoli familiari.

La presenza del Sole, invece, nelle stesse posizioni, intensifica il ruolo positivo o negativo del padre, e quella della Luna il ruolo della madre. Inoltre la sua congiunzione o dissonanza con i luminari tocca proprio il problema della frustrazione affettiva paterna e materna, per carenza od eccesso, con le ulteriori metamorfosi del "non-amato" o del "mal-amato" sino al narcisismo soffocato o ipertrofico. Che altro ci serve per sorprenderci? La sola immagine del personaggio saturnino concepibile è quella dell'anziano, del vecchio o dell'avo, dall'aspetto che ricorda il medico, il sacerdote o lo studioso, e Gauquelin aveva segnalato la posizione angolare nei primi due.

Più che a impersonare i genitori, Saturno ha dunque la tendenza o la funzione specifica che spinge a liberarsi, staccarsi e sottrarsi da loro, per appartenere a se stessi personalizzandosi, vivendo il rifiuto dei propri tutori attraverso un processo di individualizzazione. Si tratta di diventare adulti, cioè liberi, autonomi e responsabili e di accettare - anche a rischio di conoscere la solitudine - questa povertà esistenziale prettamente saturnina.

Saturno è dunque intrinsecamente, una forza che taglia, separa, isola, dato che la sua tematica fondamentale è tutta una serie di distacchi di ogni tipo.

Di qui la rappresentazione mitica del dio Crono munito di un falcetto o nell'atto di brandire la falce che è il suo emblema.

Saturno inoltre non si fa condizionare dalla teoria di quelli che vorrebbero che attendesse dodici anni prima di rientrare in pista. Basta ricordare la magistrale dialettica che egli sostiene con i luminari. Così, nell'ordine delle orbite del sistema solare copernicano, il gruppo Terra-Luna è al centro tra il nucleo centrale solare e Saturno al confine del visibile, con Mercurio-Venere da un lato, Marte-Giove dall'altro, nel sistema tolemaico geocentrico invece è il Sole ad occupare il centro tra Luna e Saturno; e nella fascia zodiacale, i domicili di Saturno vengono a trovarsi faccia a faccia con quelli dei luminari.

Non dobbiamo dunque sorprenderci se, per tutti, l'odissea saturnina inizia al momento stesso della nascita ed immediatamente come contropiede, all'interruzione soli-lunare della vita. L'evacuazione del caldo liquido amniotico ci spinge nel mondo verso la prima grande sensazione di freddo della nostra esistenza, mentre il taglio del cordone ombelicale - primo

colpo di falce di Crono - ci separa organicamente da nostra madre. Si aggiunga ancora l'effetto primordiale dell'incontro-choc della paura inconsciamente vissuta come angoscia, che, di fronte al movimento della vita, diventa sensazione e reazione tipica del sentimento del vivere saturnino: la natura che, come il freddo d'altro canto, unito ad essa in un unico fremito, inibisce, contrae, frena, paralizza; la paura che fa temere l'esterno, che ci fa retrocedere nella vita e ripiegare su noi stessi. L'idea è chiarita: Saturno è presente sin dal nostro primo minuto di vita.

Il neonato continua tuttavia a dipendere strettamente dalla madre e l'alimentazione diventa ben presto il centro vitale del lattante, tra la gioia gioviana di una suzione felice e lo sconforto saturnino di una fame non appagata. Con il cordone ombelicale digestivo, siamo in pieno "stadio orale" dove la libido del bebè, fissata alla zona della bocca, è concentrata sull'atto del poppare. L'esserino si porta tutto alla bocca in un procedimento di incorporamento che avrà come replica psichica un importante fenomeno di introiezione oltre ad un orientamento caratteriologico di introversione. Nel mito, Crono "divora" i suoi figli.

Quando lo psicanalista tratteggia il carattere dell'individuo che è stato felice oralmente, abbozza il ritratto di un gaudente, consumatore gioviale, emanatore di una calda simpatia, in breve, la replica di un gioviano. Mentre per il saturnino che ha fame e non ha avuto il dovuto, evidenzia il grigiore di un umore imbronciato e di una mancanza di brio; è un tipo che si trascina lentamente recalcitrando, meno incline a crescere che a proteggersi e portato a ripiegarsi su se stesso. E non è forse vero che all'astro sono attribuiti la magrezza, le restrizioni, le mancanze, la carestia, la fame, la povertà? In una parola la mancanza intesa come perdita. Una famiglia di accattoni, tanto per intenderci.

La dipendenza dalla madre continua al di là del fattore alimentare, poiché il cordone ombelicale è anche un legame psichico. Si può risentire eventualmente ancora del taglio al momento della nascita di un fratellino o di una sorellina perché si è costretti a dividere l'affetto dei genitori alla sua nascita, durante la sua crescita e poi a scuola e in occasione di ogni altra assenza od allontanamento dei familiari, ecc.

Questo è il vero filo di Arianna del logos del nostro pianeta, L'esperienza di vita saturnina è dunque un'ascesa obbligata attraverso un continuo esercizio di lasciare e prendere vissuto come una perdita del non-sé: da possesso a privazione, da allontanamento ad abbandono, per tagli e distacchi successivi, dall'aderenza della placenta al Tutto del Bebè-Re, l'essere si spoglia progressivamente di quel che egli non è per tornare se stesso in questa marcia verso il proprio io. Il re nudo … Proprio come l'essere-Saturno che è in noi, somma di sottrazione in un movimento centripeto che viene dal profondo e dalla concentrazione. Molto significativa d'altra parte è l'ostentazione anatomica all'astro dello scheletro, essendo questa permanente struttura dell'organismo - i ventinove anelli dell'anno saturnino evocano le 29 vertebre della colonna vertebrale - la materia più dura che sfida il tempo.

In un carattere d'altro canto più solido e stabile di tutti, se ne ha la replica psicologica nello sfondo dei riflessi difensivi - nutriti dalla paura , questa prima potenza - impropriamente detta "istinto di conservazione", è la vera cittadella della sovrana funzione saturnina.

Anzitutto forza vitale, greppia dell'appetenza nutritiva, questo è il risultato delle reazioni acquisite, sedimentazione di abitudini prese e fissate, capitale di protezioni e resistenze dietro alle quali il saturnino è incline a parcheggiare e fossilizzarsi sul suo terreno, certo, ma in vista di un approfondimento derivantegli notoriamente dalla sua forte secondarietà: ostinandosi nell'impressione ricevuta, tracciando il proprio solco, lasciando la propria impronta, facendosi prolungare il passato nel presente … La trama di una continuità rassicurante.

La paura è d'altronde rappresentata da molti aspetti del carattere saturnino come se fossero al suo servizio self-control, calma, osservazione, riflessione, pazienza, prudenza, preveggenza, riservatezza, diffidenza, paura, inquietudine, diffidenza … Un passo ancora e questo "istinto di conservazione" trova il suo miglior rifugio nella corazza dell'egoismo.

La caratteristica propriamente saturnina di costui è al tempo stesso quella di bloccarsi per restare al mondo isolandosi nell'insensibilità. Una specie di anestesia contro la sofferenza: non attaccarsi per non perdere, non amare per non essere abbandonato… Ecco un'altra rappresentazione dei tratti del carattere saturnino cui contribuiscono peraltro severità. esigenza, astinenza, continenza, mutismo, distanza, indifferenza, impassibilità, freddezza, misantropia … Non vi si può vedere che una cacciata o una repressione della sensibilità, dell'affettività, della sensibilità.

Di conseguenza non c'è da stupirsi che il saturnino sia un cerebrale. In lui c'è il timore iniziale che trattiene lo slancio vitale e frena la spontaneità, il pensiero si sostituisce all'emozione, alla sensazione di vivere, come se l'essere si fosse raffreddato. Il saturnino può dunque agevolmente essere un intellettuale come lo dimostra la posizione angolare dell'astro negli scienziati e la sua intelligenza procede con quel certo distacco che gli permette di eccellere nel concettuale e nell'astrazione. Ora questa attività mentale è anche al servizio dell' "istinto di conservazione" poiché è un meccanismo di difesa contro l'angoscia di vivere: è un dirottamento di interesse, poiché l'esistenziale è differito dal pensiero. Ricordiamo questa pertinente formula di Lacan: "Io penso e non sono, dunque io sono dove io non penso più".

Parlare intellettualmente di ciò che è vivo, è spesso un modo di fuggirlo: certe nevrosi colpiscono i matematici proprio perché essi sono certi di non incontrare mai nelle loro equazioni il volto dell'amore ed il rito della morte. In questo caso si finisce per vivere non più per mezzo ma in funzione dell'intelligenza in quanto l'intelletto, per brillante che sia, non ha maggiore utilità di quella di un tesoro sepolto da un avaro, dato che non è più al servizio dello slancio vitale.

A dispetto di questi giudizi critici, non vi è nulla di prodigioso in questo cerebrale processo saturnino.

E' essenzialmente merito suo se noi evolviamo: egli è il grande liberatore dei nostri pesi e delle ombrosità animali, ci libera dalle catene dei nostri istinti, dalla prigionia delle nostre passioni mostrandoci il cammino verso la nostra ascesa intellettuale, morale e spirituale. E senza quest'ultima conquista di noi stessi, c'è ben poca grandezza umana. Si tratta beninteso del bilancio superiore di un Saturno vissuto consciamente e assunto volontariamente. Se ne sono sposate le virtù e raccolti i profitti. E' una presa di coscienza del nostro io che è coscienza e volontà. Il saturnino è generalmente un individuo perfetto, che apprezza maggiormente i risultati se conseguiti esclusivamente con i propri sforzi e li considera come un'ascesa capricorniana.

Troppo spesso però, il fenomeno esterno viene vissuto incoscientemente e questo noi lo subiamo. Esso ci fa tornare psichicamente allo stadio orale della nostra prima infanzia. Questa regressione colpisce il tessuto affettivo dell'essere. Ci si ritrova di fronte ad un problema di avidità, tendenza captativa soggetta a bloccare od a sfogarsi sotto gli aspetti di un complesso originale di anoressia-bulimia.

Sotto i tagli della falce saturnina avviene l'abbandono sia rinunciatore che rivendicatore, Il primo lascia la presa rassegnandosi, accetta l'abbandono, sopporta il distacco prematuro dalla madre come una perdita da cancellarsi; diventa precocemente maturo tanto da sentirsi a volte vecchio già sin da piccolo, anoressico affettivamente, si avvia verso la personale privazione ed a modo suo, è forte come una roccia. Succhiandosi il pollice ed aggrappandosi alle gonne materne, il secondogenito è un mal-svezzato che si aggrappa ostinatamente, deciso ad ottenere quel che vuole, cerca di colmare un vuoto e di "soddisfarsi". Ma al contrario, è un essere che non esce dall'infanzia, bulimico, mancante di affettività materne, che resta una specie di larva, troppo spesso esposto alla deriva, alla mercé di un naufragio interiore.

Se esaminiamo da vicino la grande famiglia dei saturnini (uomini e donne), possiamo evidentemente differenziare queste due categorie di personaggi. Da un lato, Calvino, Keplero, Spinoza, Kant, Schopenhauer, Robespierre, Comte, Pasteur, Mallarmé, Gandhi … Dall'altro, Leopardi, Poe, Goya, Baudelaire, De Musset, Nerval, Chopin. Verlaine, Modigliani, Utrillo … Si è più familiarizzati con i primi, ma si devono aprire bene gli occhi sui secondi.

A distinguere essenzialmente i due rami di questa stessa famiglia, dove saltano agli occhi lo sfaldamento orale, la sobrietà, l'intemperanza, è una polarizzazione soli-uraniana attiva e secca nel primo caso, e nel secondo una polarizzazione luni-nettuniana passiva ed umida.

Con il primo, rinunciatario, ci viene fornito il classico quadro caratteriologico del saturnino dalle qualità fredde: carattere grave, serio, disciplinato, ordinato, sobrio, integro, rigoroso, più o meno rigido e profondamente pessimista. Dall'inconscio di questo cerebrale emana essenzialmente la pressione soli-saturnina del "super-ego", una specie di cappa di piombo che si appesantisce come una glaciazione sulle spalle dell'Io. Anche questo super-ego severo è al servizio dell'’istinto di conservazione’. Con i suoi meccanismi di interdizione, ne aumenta le risorse, e lo stesso accade quando rifiutiamo a noi stessi un qualcosa a causa di un insieme di esigenze o di obblighi che ci imponiamo, di principi che ci fissiamo, poiché il modo di vivere è regolato dall'austerità, dalla rinuncia e dal modo di essere in contrasto con il "non essere".

Con il secondo, rivendicatore, spesso dimenticato nei libri di testo, si fa la conoscenza del saturnino infantile o immaturo, del saturnino "muto". In questo caso l'Io è assediato dal basso, dato che la pressione dell'inconscio è intesa come un'arrampicata se non addirittura un'ondata del ‘Se'. Un ‘Se' che il libro dei capricci del desiderio, insaziabile di sensazioni, spinge ad una corsa sfrenata vero la soddisfazione dei suoi bisogni. Senza freni, il motore si imballa. Agli antipodi del precedente, si profila un essere chiuso nel suo narcisismo-egocentrismo, tuffato nella sua soggettività, tra nevrosi e perversione, più o meno amorale ed irresponsabile, esposto alla melanconia o candidato al masochismo.

Facciamoci qui un'idea generale della gamma di questa bipolarità saturnina:

l'anoressico - il bulimico

il rinunciatario - il rivendicatore

il distaccato - l'aggrappato

l'indifferente - il geloso

l'insensibile - l'ipersensible

l'asceta - il gaudente

il dimissionario - il rassegnato

lo scettico - il fanatico

lo sgobbone - il pigro

il disperato - il depravato

l'impersonale - l'egocentrico

il disinteressato - l'avido

il sobrio - l'intemperante

ecc.

Così per le donne, una che vuole tutto: l'avida Simone de Beauvoir, e una che rinuncia a tutto l'asceta Simone Weil.

Questi due poli interferiscono come il giorno e la notte, proprio come il saturnino comune non è automaticamente allineato sulla totalità dell'una o dell'altra di queste colonne, avendo ognuna di esse una composizione che la personalizza, così come il manto delle zebre, Spesso inoltre si incontra l'avidità nella rinuncia stessa, come nel gusto del martirio, vero desiderio di sofferenza, della saturnina Teresa di Lisieux.

Anche se questo senso di avidità riportata al rivendicatore, è frequente ad esempio, vedere l'ambizione - aspirazione superiore volta a cogliere un soffio dell'essere - affermarsi al polo rinunciatario, capace di dargli a distanza un carattere impersonale. Così pure, questa volta nell'insuccesso, con la schiavitù dell'avarizia - peccato capitale di Saturno - frutto di un'introiezione in cui l'essere si coagula sull'avere, essendo l'avaro, per identificazione, fossilizzato sul suo tesoro, ultimo sostituto del suo biberon. Tra il peggio dell'avarizia e la grandezza dell'ambizione, l'avarizia ha più di una carta al suo attivo per soddisfare in quanto essa è un lavoratore indefesso - una bulimia di lavoro - che lo rende parassita, geloso invadente e divoratore, conservatore, accumulatore, collezionista, erudito, ecc. affamato di ogni cosa.

Di tutti i pianeti del settenario tradizionale, Saturno è quello che presenta il più estremo contrasto di valori. Ciò gli deriva da Giano bifronte, suo decimo satellite cui è stato dato il nome della divinità dalla doppia faccia. Qualitativamente, cosa c'è di più distante tra il mendicante supremo mal svezzato che sospende la sua miserabile vita quotidiana al solo atto di farsi nutrire dagli altri, e l'anacoreta così distante dalle sue necessità, libero da esse in un supremo distacco? Immensa è pure la fossa che separa il migliore da ciò che produce intellettualmente ed il peggiore da ciò che istintivamente dichiara. E' a lui che dobbiamo il massimo della vita spirituale e del pensiero in tutte le sfere della cultura. Ma ahimé se egli è al posto più alto lo è pure a quello più in basso: è lui che ci fa cedere ai nostri vecchi demoni interiori.

Per esempio, la sua dissonanza con Marte-Plutone disumanizza l'essere facendone regredire le pulsazioni aggressive allo stadio arcaico di un'"età della pietra", abbandonate alle tempeste di un mostruoso sfogo, avendo il super-egp mobilitato contro l'io tutta l'energia selvaggia del Se'. Elevazione e caduta …

Torniamo infine ad un Giano fondamentale. Di costui, sin qui, non abbiamo colto che la fase positiva, quella dell'individuo muto che si trova nel più profondo di noi, il suo fondamento più solido, cioè "l'istinto di conservazione": l'essere tiene alla vita e la celebra a modo suo. Ora l'altra faccia, quella negativa, ne rappresenta la disfatta. E' il volto dell'impietoso dio del tempo, vero complice della morte, all'altro capo dei luminari, questa scintilla di vita, che si apparenta alla danza macabra. Il suo grigiore è già presente quando noi viviamo la morte "per delega", cioè quando siamo in lutto per una persona cara. Essa è presente, psicologicamente in sordina, nelle manifestazioni di colpevolezza auto-distruttive specie nella mancanza dell'essere e la svalutazione dello stato depressivo, essendo la vera depressione uno stato di morte-vivente. Ma soprattutto, l'ombra di Saturno diventa inesorabile con la decrepitezza della vecchiaia e l'ultimo colpo di falce che ci porta alla tomba …

Certo! Parlare di Saturno non è che ci rallegri … Bisogna soprattutto parlarne nel linguaggio degli antichi e davanti ad un Giove grande dispensatore di felicità. Questo malefico genio del male, grande maestro di sofferenze e artista del dolore che trascina le sue vittime sulla strada della sfortuna… Dagli addosso a Saturno! non può che indisporre e richiede una salutare reazione… Lascio che altri vadano oltre questa orazione funebre. Ma attenzione! Non si tenti di far sparire questo realismo con qualche pretesto. Che "musi" mettete su dopo una perdita di denaro, un dispiacere d'amore o una malattia, dissonanti banalità saturnine? Credete che un discorso filosofico in questa circostanza, potrebbe esorcizzare il vostro Saturno? Impossibile mettersi al sicuro, proprio come impossibile è sfuggire alla morte.

Certamente, più si vive in regime del principio del piacere e più il nostro astro ci pone nel mirino del suo strumento piallatore. Ma chi può vantarsi di un principio di realtà che, d'altra parte, ci protegge così poco? La saggezza sta nel conformarsi alla configurazione saturnina, e più questa viene da noi spiritualmente assimilata, meglio ci comportiamo: essa corrisponde ad un qualcosa in più e non in meno!

Prima di lasciarci, col vostro permesso, eccovi qualche raccomandazione. Anche se non potete più dire che Saturno rappresenta il padre o la madre senza tradire il suo messaggio e senza poter sfuggire alla confusione del vostro discorso, vi prego di non interpretare la parte meglio di lui, una rappresentazione dell'ego, della struttura della personalità o qualcosa del genere.

Dal momento che si evoca l'ego, istituzione centrale, primordiale, della personalità o qualcosa del genere, non c'è molto da dire sull'insieme di AS-Sole-dominante. Quanto alla struttura della personalità, essa implica tutta l'architettura del tema. Siamo rigorosi nel nostro linguaggio per evitare ogni confusione. In una parola, siamo veramente dei saturnini!

Ecco un'intuizione sintetica, ma ultima testimonianza astrologica vissuta su Saturno, il vostro ed il mio.

Testo presentato al Congresso ARRC di Parigi, 23-24 marzo 1996 sul "Il Simbolismo di Saturno".